“Certo l’amore è uno strano posto dove andare a cercare la salvezza.
Diventi totalmente vulnerabile e infantile nei confronti di colui di cui sei
innamorato; sei vulnerabile ai suoi stati d’animo, ai suoi bisogni.
E diventi più vulnerabile anche nei confronti di te stesso, dei tuoi stessi bisogni.
Una cosa amata tira fuori cose che non pensavi ci fossero in te, compreso
il fatto che hai dei bisogni che probabilmente nessuno può soddisfare”
(J. Hillmann M. Ventura).
Così come non è possibile delineare un profilo unico ed esaustivo del gaslighter , analogamente, non possiamo pensare di poterlo fare, parlando della sua vittima; ogni donna è un mondo a sé, con una storia che le appartiene in modo peculiare e che ne spiega le mille sfaccettature di personalità. È tuttavia possibile, come abbiamo già visto nella prima parte di questo articolo, analizzare il tipo di relazione che unisce i due partner e, quindi, formulare delle ipotesi riguardo le caratteristiche di personalità di entrambe, in grado di rafforzare e tener salda la loro unione.
A tal proposito possiamo domandarci : cos’è che tiene strettamente legata la donna ad un uomo che non fa che criticarla, deriderla e farne oggetto di un sarcasmo pungente ed umiliante?
La vittima della violenza psicologica, proprio come il suo persecutore è possibile che possieda, a sua volta, una struttura di personalità di tipo narcisistico, seppure declinata con modalità diverse. Infatti, mentre il gaslighter, narcisista perverso, tende ad esternare ed, al contempo, compensare questa “frattura interna” attraverso un comportamento fatto di “attacchi e piccoli atti perversi” agiti quotidianamente tramite una graduale sopraffazione psicologica dell’altro, la vittima presenta una tendenza all’autosvalutazione e alla dipendenza affettiva, ed insieme, dietro un’apparente serrata autocritica, un’analoga immagine grandiosa di se, della persona che vorrebbe o potrebbe essere. La donna che si lascia sedurre narcisisticamente, nella relazione di coppia tende a ricercare la fusione con il partner, vorrebbe perdersi in lui e nel suo amore e gli perdona ogni cosa, mettendo sempre in dubbio se stessa; l’Altro per la vittima è indispensabile per la conferma di Sé, tanto quanto per il gaslighter, con la differenza che ciò viene esperito con modalità di segno totalmente opposto.
Carenze e ed aspetti conflittuali inconsci, presenti in entrambe i partner, sono, dunque, ciò che unisce, perpetratore e vittima, in un “amore” perverso e disfunzionale, in cui un contesto relazionale psicologicamente frustrante e violento paradossalmente, diviene l’unico in grado di corrispondere alle esigenze difensive di ciascuno.
La relazione perversa di coppia finisce per essere una “forma di difesa” alla reciproca integrità intrapsichica; ma lasciamo ora da parte questo tema, che meriterebbe uno spazio a se, per tornare a parlare di come la violenza psicologica lentamente s’insinui nella quotidianità della vittima, influenzandone pensieri e comportamenti.
L’analisi dei casi a nostra disposizione, in Letteratura e l’esperienza di chi scrive, ci consentono di osservare che la violenza psicologica nella vittima sembra attraversare tre fasi principali:
fase 1 - dell’incredulità
La vittima, inizialmente, non crede a quello che le sta accadendo né a ciò che vorrebbe farle credere il suo “innamorato”, tuttavia avverte che qualcosa nella loro quotidianità non procede nel verso giusto, per cui mette in discussione i suoi pensieri e cerca il confronto, la discussione per fare chiarezza;
fase 2 - della difesa
Quando la strategia manipolativa del gaslighter si è insinuata ed inizia a produrre le inevitabili conseguenze e reazioni nella donna, l’incredulità iniziale lascia il passo alla reazione difensiva.
La vittima tenta di reagire, di sostenere la sua posizione di persona sana e ben “piantata” nella realtà oggettiva, ma alle sue rimostranze e ricerche di confronto, corrispondono da parte del gaslighter solo messaggi deliberatamente vaghi e paradossali, che non fanno altro che alimentare ed accrescere in lei, un forte stato confusivo, rafforzato dall’uso incongruo che il partner fa, per l’appunto, del linguaggio verbale e non.
fase 3 - della depressione:
La vittima si convince che il suo partner ha ragione, per cui getta le armi, si rassegna, diventa insicura ed estremamente vulnerabile e dipendente, a tal punto da arrivare a chiedere, disperatamente, al suo carnefice di continuare a starle accanto per aiutarla e proteggerla.
Il comportamento e la comunicazione manipolatoria del partner hanno chiaramente trovato spazio nella mente della vittima: la donna è fermamente convinta di essere, lei, quella in errore, sbagliata, troppo sensibile, per cui accetta passivamente la realtà che le viene propinata dal suo “innamorato”, come l’unica possibile.
Autosvalutazione e dipendenza in questa fase prendono forma e stabilità, mentre la violenza si cronicizza e la vittima è così assoggettata al suo aguzzino da isolarsi anche a livello sociale, non avvertendo più né la piacevolezza né il bisogno di aver contatti con altri che non siano “il suo lui”.
Uscire dalla violenza psicologica è particolarmente complesso per via della natura invisibile e subdola che la caratterizza, ma certamente non impossibile. Per poter iniziare il processo che porta al superamento della violenza è necessario, per la donna, acquisire prima di tutto la consapevolezza di esserne stata vittima!
A volte, è solo nel momento in cui si manifestano disagi psicologici clinicamente significativi che, la donna chiede aiuto e scopre di essere stata coinvolta in una relazione perversa. Oppure accade che la vittima di gaslighting decide d’intervenire solo quando anche i figli vengono esplicitamente coinvolti dal partner, nel ciclo della violenza.
L’uscita dalla relazione perversa non costituisce, certamente, un “atto unico e risolutivo” ma è un “processo” lungo e doloroso per la vittima, che rende necessario un percorso di ricostruzione della propria identità, della fiducia ed in particolare del senso di Sé. È opportuno che, adeguatamente accompagnata da un terapeuta all’interno di una psicoterapia individuale, la donna possa finalmente nominare e trovare accoglimento per quegli “aspetti non risolti” che appartengono alla sua storia personale e che hanno dato spazio ma soprattutto forza agli attacchi perversi del partner.
La vittima di violenza psicologica si troverà a dover combattere con un enorme senso di colpa che segue, inevitabilmente, alla presa di coscienza; ma soprattutto dovrà impegnarsi a perdonare se stessa per aver permesso, a chi diceva di amarla, di aver calpestato così in profondità la sua dignità sino a ridurre la sua persona al pari di un “involucro vuoto”.
Dott.ssa Lorella Carotti
Psicologa e Psicoterapeuta a Rieti
Psicologa e Psicoterapeuta
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